Serata autunnale, primi freddi con cieli
sereni, una lunga doccia ristoratrice prima della cena.
Suona il telefono di Wilma, c’è una piccola
emergenza: una sua collega ha il turno di notte in ospedale e chi doveva
tenerle il bimbo ha avuto un problema e così ha pensato a noi.
Ma è pazza o solo disperata?
L’avremmo visto sì e no un paio di volte al
massimo; non abbiamo figli, alla sera stiamo rinchiusi nella nostra grotta come
due orsi per poi ripartire tutte le albe di ogni santo giorno per arrivare
sfiancati alla sera. Non siamo altro che un rozzo porcaro e un’infermiera che
si dedica quasi giorno e notte a malati in coma che difficilmente rivedranno la
vita, sai che seratina per un bambino!
Arriva il piccolo con la madre, una bella
ragazza con un forte carattere che ha scelto di crescere il bambino da sola e,
a quanto vedo, con ottimi risultati.
Lei è dolcissima, lui la guarda come si può
guardare solo una vera mamma.
E’ piccolo, avrà 4 o 5 anni, sembra un
puttino, biondissimo con i boccoli, veramente un bel
bambino.
bambino.
La mamma gli spiega con molta calma la
situazione e lui, come un ometto, accenna un sì con la testa.
La mamma se ne va, si chiude la porta della
grotta, i due orsi e il piccolo si trovano inginocchiati su un tappeto pieno di
giochi arrivati con lui.
Wilma decide di andare a preparare la cena
ed io rimango con il bambino e i giochi sul tappeto.
Che faccio? Non sono un tipo complimentoso
e il piccolo ha un atteggiamento da adulto. Non mi guarda mai direttamente
negli occhi, anche per lui non deve essere facile.
Ricordo che da bambino apprezzavo dare un
bacio allo zio contadino con la guancia ispida e bagnata dal sudore mentre
lavorava. Odiavo però chi cercava di staccarmi a pizzichi pezzi di guance e
cosce o mi lanciava nello spazio come un novello Gagarin.
Decido di utilizzare l’unico approccio a me
familiare e che uso con gli animali, che forse conosco meglio degli umani, per
metterli a proprio agio e guadagnare la loro fiducia: rispettare le distanze,
fare qualche cosa per i fatti miei e piano piano far loro conoscere il mio
odore.
Lo so, sto parlando di un bambino ma io
allevo animali e non conosco un altro metodo.
Apro qualche mio vecchio libro di fiabe e
faccio finta di leggerlo mentre osservo con invidia una meravigliosa gru telecomandata
che rimane accatastata con tutti gli altri giochi.
Wilma chiede dalla cucina se va tutto bene,
io rispondo di sì e lui guarda nella direzione della sua voce senza dire nulla.
Quando sfoglio un libro con Biancaneve e i
sette nani si avvicina, faccio finta di niente mentre lui li osserva
interessato.
Gli chiedo se sa quanti sono e come si
chiamano, ancora non mi guarda negli occhi ma si capisce che ci sta pensando. In
quel momento un colpo di fortuna mi dà una mano e mentre lui mi dice che i nani
sono sette gli parte uno starnuto che gli fa colare un po' di muco dal nasino.
Ne approfitto subito rispondendo che i nani sono otto e non sette e mentre lui
mi guarda tra l’incredulo e il sospettoso comincio ad elencarli indicandoglieli
sul libro: Dotto, Brontolo, Pisolo, Mammolo, Gongolo, Eolo, Cucciolo e, gli
dico mentre gli pulisco il nasino con un fazzolettino di carta, c’è Caccolo che
sei tu.
Cinque secondi di gelo, mi guarda negli
occhi e poi scoppia a ridere dicendo Caccolo Caccolo Caccolo divertito.
Wilma arriva in sala attirata dalle risate
del piccolo e mi guarda scrollando la testa come si guarda un indiano con il
turbante e il flauto che incanta i serpenti.
Va bene, uno a zero e palla al centro ma
non sediamoci sugli allori, la mattina è ancora lontana…
FINE PRIMA PUNTATA
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